San bernardino da Siena - Dimorarivotorto

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San bernardino da Siena

San Bernardino da Siena
La fatica alla quale Bernardino, in quanto predicatore, si sottoponeva era pesante: il suo scrupolo lo portava a scriverne anche più di una versione prima di salire sul pulpito, per quanto sappiamo poi che spesso egli improvvisava. In seguito ai suoi cicli di predicazione in varie città, specie durante la quaresima, si giungeva a modificare gli statuti cittadini nei quali s’inserivano norme per facilitare la riconciliazione tra le famiglie e le fazioni contendenti o per più duramente reprimere giochi d’azzardo, usanze connesse all’usura, costumi omosessuali, riti stregonici.

Fedele alla sua vocazione di predicatore, cui aggiungeva un pesante impegno di trattatista, egli rifiutò a più riprese la cattedra vescovile: nel 1427 quella di Siena, nel 1431 quella di Ferrara, nel 1435 quella di Urbino. Ma non poté sottrarsi agli incarichi interni dell’Ordine, accettati per “santa obbedienza”: fu così vicario generale degli Osservanti nel 1437 e l’anno successivo di tutte le famiglie francescane d’Italia. Non cessò tuttavia mai di dedicarsi, nonostante questi nuovi oneri, all’evangelizzazione.

Il 26 maggio del 1443 una bolla pontificia lo incaricava di predicare l’indulgenza per una nuova crociata contro gli ottomani che ormai stavano stringendo progressivamente la loro morsa su Costantinopoli: non sembra tuttavia che Bernardino abbia mai predicato in conseguenza di tale bolla, forse perché non ne ebbe il tempo. Nel 1444 difatti, per quanto seriamente malato, si recò a L’Aquila, anche per tentare di riconciliare due fazioni che in città si stavano sanguinosamente affrontando: e in questa città morì il 20 maggio. Si racconta che dalla bara continuassero a uscire rivoli di sangue, finché le due fazioni non si furono riappacificate.
                                                
Bernardino fu proclamato santo da Niccolò V nel 1450: già prima della canonizzazione si erano diffusi numerosi, insistenti racconti a proposito dei miracoli da lui operati, alcuni dei quali trovarono spazio in una edizione a stampa della Legenda aurea, dal testo appositamente modificato, impressa pochi anni dopo, che resta uno degli incunaboli più antichi conosciuti.

Tra le sue opere, sono stati editi sia i trattati che i testi dei sermoni direttamente stesi da lui in latino, oltre a quelli in volgare che sono il risultato delle note compendiose prese volta per volta dai suoi ascoltatori più assidui.

Subito dopo il suo transito, l’Ordine minoritico volle promuoverne la figura come campione di testimonianza della fede nel Cristo e del potere salvifico del suo santo nome. L’immagine calva ed emaciata del santo che presenta la tavoletta del trigramma IHS è molto diffusa. Sappiamo che subito dopo la morte circolava a Siena un suo ritratto che doveva essere molto somigliante, il che è confermato anche dal confronto con il calco mortuario eseguito a L’Aquila. Esso fu probabilmente il prototipo delle molte rappresentazioni successive dove i tratti caratteristici del santo appaiono quasi sempre simili tra loro. Tra le tante opere va menzionato almeno, per l’elevata qualità artistica, il ciclo di affreschi sulla vita di san Bernadino eseguito nel 1486 a Roma, nella cappella Bufalini della chiesa di Santa Maria in Aracoeli, dal Pinturicchio.

Bernardino fu maestro di un’intera generazione di francescani Osservanti che dopo di lui predicarono e scrissero trattati di teologia, affrontando argomenti come l’eresia, la diffusione della stregoneria, il rapporto con gli ebrei, l’usura, la predicazione della crociata: tra essi, vanno ricordati almeno Giacomo della Marca, Giovanni da Capestrano, Bernardino da Feltre, Roberto da Lecce.

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