Pag.1 - Dimorarivotorto

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San Giovanni XXIII
«La bontà rende serena la nostra vita».
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Preghiere
La Pace del cuore

1. Senza di me non potete fare nulla
Per comprendere quanto sia fondamentale, per lo sviluppo della vita cristiana, sforzarsi di acquisire e conservare la pace del cuore, la prima cosa di cui dobbiamo essere ben convinti è che tutto il bene che possiamo fare viene da Dio e da lui solo. «Senza di me non pote-te fare nulla», ha detto Gesù. Non ha detto: «Non potete fare grandi cose», ma «Non potete fare nulla». È per noi essenziale essere persuasi di questa verità. Avremo spesso bisogno di insuccessi, umiliazioni e prove – permesse da Dio – perché detta verità possa non solo essere colta dalla nostra intelligenza, ma divenire esperienza per tutto il nostro essere. Dio, se potesse, ci risparmierebbe tutte queste prove, ma esse sono necessarie per farci scoprire la nostra innata impossibi-lità a fare del bene da soli. Secondo la testimonianza di tutti i santi, è indispensabile acquisire la conoscenza dei nostri limiti, perché è il terreno adatto nel quale potranno fiorire tutte le grandi cose che il Signore farà in noi con la potenza della sua grazia. È per questo che santa Teresa di Gesù Bambino diceva che la più grande cosa che il Signore aveva fatto nella sua anima era l’averle mostrato la sua piccolezza e la sua impotenza. Il problema fondamentale della nostra vita spirituale diventa questo: Come lasciare agire in noi Gesù? Come permettere alla grazia di Dio di operare liberamente nella nostra vita? Non dobbiamo dunque tanto imporci di fare determinate cose secon-do i nostri progetti e le nostre capacità, bensì dobbiamo cercare di scoprire quali siano le disposizioni della nostra anima che permettono a Dio di agire in noi. Solo in questo modo potremo portare un frutto duraturo, un frutto che rimanga. Alla domanda: «Cosa fare per lasciar agire liberamente la grazia di Dio nella nostra vita?», non esiste una risposta univoca, una ricetta che vada bene per tutti. Si tratta di questa verità essenziale: per permettere alla grazia di Dio di agire e produrre in noi – con la nostra cooperazione – tutte queste «opere buone che il Signore ha predisposto perché noi le praticassimo», è estremamente importante che ci sforziamo di acquisire e conservare la pace interiore, la pace del cuore.
Consideriamo la superficie di un lago sulla quale brilli il sole: se questa sarà calma e tranquilla il sole vi si potrà riflettere quasi perfettamente e tanto più perfettamente quanto più il lago sarà calmo. In caso contrario, l’immagine del sole non vi si potrebbe riflettere. Accade un po’ la stessa cosa alla nostra anima, nei confronti di Dio: più questa è calma, più Dio vi si riflette, la sua immagine s’imprime in noi, la sua grazia agisce attraverso noi. Se invece la nostra anima è agitata e turbata, l’azione della grazia diventa molto più difficoltosa. Tutto il bene che possiamo fare è un riflesso di questo sommo Bene che è Dio. Più la nostra anima è nella calma e nell’abbandono, più questo Bene si comunica a noi e, attraverso noi, agli altri. «Il Signore darà forza al suo popolo, il Signore benedirà il suo popolo nella pace», dice la Scrittura. Spesso ci agitiamo, ci inquietiamo nel tentativo di voler risolvere tutto da soli, mentre sarebbe molto più efficace restare calmi, sotto lo sguardo di Dio, lasciandolo agire ed operare in noi con la sua saggezza e la sua potenza, infinitamente superiori alle nostre. «Poiché così dice il Signore Dio, il Santo d’Israele: Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza». Il nostro non vuole essere, ben inteso, un invito alla pigrizia e all’inerzia; ma un’esortazione a non agire mossi da uno spirito d’inquietudine e di fretta eccessiva, bensì sotto l’impulso mite e pacifico dello Spirito di Dio. San Vincenzo de’ Paoli, la persona meno sospettabile di pigrizia, diceva: «Il bene che Dio opera si fa da sé, quasi senza che uno se ne accorga. Bisogna essere più passivi che attivi; e così Dio solo farà per mezzo di voi ciò che tutti gli uomini insieme non potrebbero fare senza di lui».

2. Pace interiore e fecondità apostolica
Questa ricerca della pace interiore potrebbe sembrare ad alcuni molto egoistica: perché porsi questo come obiettivo principale, men-tre nel mondo vi sono tanta sofferenza e tanta miseria? A tale osser-vazione dobbiamo anzitutto rispondere che la pace in questione è quella del Vangelo. Essa non ha nulla a che vedere con una sorta d’impassibilità, di morte della sensibilità, di fredda indifferenza chiusa in se stessa, come potrebbero suggerirci certi atteggiamenti dello yoga o alcune statuine di Buddha.
Al contrario, la pace di cui parliamo è l’indispensabile corollario dell’amore, di una vera apertura alle sofferenze del prossimo e di un’autentica compassione. Poiché solo questa pace del cuore ci libera da noi stessi, aumenta la nostra sensibilità verso l’altro e ci rende disponibili al prossimo. In aggiunta diremo che solo l’uomo che gode di questa pace interiore può aiutare in modo efficace un fratello. Come, infatti, donare la pace ad altri se non la si possiede? Come potrà esserci pace nelle famiglie, nella società, tra le persone, se prima di tutto non regna la pace nei cuori? «Conquista la pace interiore e una moltitudine troverà la salvezza presso di te», diceva san Serafino di Sarov, un grande santo russo del settecento. Per acquisire questa pace interiore, egli si è sforzato di vivere nella preghiera incessante. Dopo sedici anni di vita monastica e sedici di vita eremitica, rimase altri sedici anni recluso in una cella. Egli ha cominciato a irradiare in modo visibile quanto s’era operato nella sua anima, solo dopo quarantot-to anni di vita contemplativa. Ma con quali frutti! Migliaia di pellegrini andavano da lui e ripartivano confortati, liberati da dubbi e in-quietudini, illuminati sulla loro vocazione, guariti nel corpo e nell’anima. L’esortazione di san Serafino non fa che testimoniare la sua esperienza personale, identica a quella di tanti altri santi. L’acquisizione e il mantenimento della pace interiore, impossibili senza la preghiera, dovrebbero essere considerati una priorità, soprattutto per chi ha la pretesa di voler fare del bene al prossimo. In caso contrario, spesso comunicheremmo a chi è nella difficoltà solo le no-stre inquietudini...
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